Non possono uscire i bambini di Gaza e quelli in Egitto rischiano di sparire

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L’ennesima denuncia delle organizzazioni palestinesi e mondiali per i diritti umani conferma come il diritto internazionale e i diritti del fanciullo abbiano fallito clamorosamente, i bambini di Gaza evacuati con gravi ferite vengono accolti nelle strutture egiziane completamente soli, rischiando di essere inglobati nella tratta di esseri umani, mentre ad oggi sono negate le evacuazioni di quelli ancora sulla Striscia dichiarandone così la morte certa.

I dati redatti dall’ ONU datati 1 novembre 2024 stimano che circa 14.000 pazienti, tra cui 2.500 bambini, abbiano attualmente urgente bisogno di evacuazione per motivi sanitari. Ma negli ultimi sei mesi, da quando l’esercito israeliano ha invaso Rafah e ha preso il controllo del lato Gaza del valico di frontiera di Rafah il 7 maggio, solo 237 pazienti sono stati evacuati per motivi medici da Gaza, ha dichiarato un portavoce dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità, 127 dei quali bambini. A quel ritmo, ci vorrebbero più di 29 anni prima che chiunque cerchi cure all’estero e per uscire.

Sia l’ OCHA che l’ ONU denunciano nuovamente violazioni da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu e del suo governo per avere ufficialmente interrotto le evacuazioni portando alla morte numerosi bambini a causa delle ferite riportate e l’aggravarsi delle loro condizioni, anche a causa della denutrizione e della mancanza di farmaci per l’embargo imposto e la distruzione degli ospedali ma soprattutto l’uccisione e la deportazione del personale medico.

Il portavoce dell’OMS ha rilasciato nei giorni scorsi un dato drammatico in merito alle approvazioni di evacuazioni da parte di Israele:

” L’ostacolo attuale è il tasso di approvazione dei controlli di sicurezza, che è attualmente inferiore all’ uno percento dei pazienti sottoposti “

Il COGAT ( ramo dell’esercito israeliano che supervisiona la Cisgiordania occupata e la Striscia di Gaza ) trova ogni singola scusa per negare l’uscita dei pazienti, soprattutto dopo aver preso il totale controllo del Valico di Rafah mesi fa ed avere creato una linea di confine chiamata Netzarim, tagliando nettamente in due l’ enclave, negando così la possibilità di cura anche ai bambini più piccoli.

Mentre il genocidio avviene in mondovisione nonostante gli Emirati Arabi Uniti, la Turchia, l’ Unione Europea e, in misura minore, la Giordania, siano tutti aperti ad accogliere palestinesi malati e feriti da Gaza ancora il loro ingresso in paesi esteri è praticamente impossibile. Il portavoce di UNICEF, James Elder attraverso una recente dichiarazione ha chiarito come Israele stia usando anche questo asso nella manica per uccidere la popolazione palestinese, violando nuovamente così il diritto internazionale e commettendo crimini contro l’umanità:

“I bambini a Gaza stanno morendo, non solo per le bombe e i proiettili che li colpiscono ma perché anche quando accadono miracoli, anche quando le bombe esplodono e le case crollano e le vittime aumentano e i bambini sopravvivono, viene loro impedito di lasciare Gaza per ricevere le cure urgenti che salverebbero loro la vita.”

Continua il portavoce James Elder nel chiarire che non si tratta assolutamente di un problema logistico perché in passato i bambini che sono stati evacuati non hanno avuto alcun problema organizzativo, grazie a numerosi medici nel mondo come anche qui in Italia, dove ben sappiamo che i piccoli sono stati accolti ed hanno potuto fruire della migliore professionalità ed umanità grazie anche a singoli individui della comunità palestinese e italiana che si sono offerti in prima persona accogliendoli a braccia aperte.

Dal 1° gennaio al 7 maggio, una media di 296 bambini sono stati evacuati per motivi medici ogni mese. Dalla chiusura del Valico di Rafah, il numero di bambini evacuati per motivi medici è diminuito di oltre dieci volte, arrivando a soli 22 al mese, Elder chiarisce infatti che:

“Ovvero, solo 127 bambini, molti dei quali affetti da traumi cranici, amputazioni, ustioni, cancro e grave malnutrizione, sono stati autorizzati ad andarsene da quando Rafah è stata chiusa. Quando un paziente viene respinto, non c’è più nulla che si possa fare.”

I bambini senza protezione e senza famiglie in Egitto

L’ultimo resoconto dell’organizzazione per i diritti umani Defence Children Of Palestine risalente al 19 ottobre dopo una visita dei propri legali presso le strutture ospedaliere egiziane ha comprovato che alcuni bambini di età compresa tra i 2 e i 5 anni si trovano completamente soli, perché è stato impedito ai propri familiari di poterli accompagnare.


I bambini non accompagnati, senza la cura e la protezione delle loro famiglie, sono seriamente a rischio di tratta, sfruttamento e abuso, soprattutto perché rimangono in un limbo legale in Egitto. Le forze israeliane non hanno mostrato alcun segno di voler porre fine al genocidio a Gaza in tempi brevi, aumentando i rischi per i bambini non accompagnati.

Il direttore della DCPI, Ayed Abu Eqtaish denuncia ufficialmente attraverso una dichiarazione pubblica che:

“I bambini palestinesi costretti a evacuare Gaza per cure mediche senza alcun familiare sono vulnerabili allo sfruttamento e devono essere protetti. In base al diritto internazionale dei diritti umani, l’Egitto ha l’obbligo legale di proteggere questi bambini vulnerabili e sostenere gli sforzi per riunirli alle loro famiglie”.

Il rapporto conferma che i bimbi piccoli e i più grandi come ad esempio il giovane Ziad di quattordici anni hanno subito violente ferite a causa dei bombardamenti israeliani, che avvengono di continuo contro i civili, determinando così l’impossibilità da parte delle strutture ospedaliere della Striscia di Gaza di poter dare loro soccorso a causa delle deportazioni e degli omicidi contro medici e infermieri avvenuti in questi oltre 410 giorni di genocidio.

Quella del giovane quattordicenne è un’altra testimonianza agghiacciante che ci porta a comprendere quanto sia importante la tutela dei bambini feriti e la cura dei traumi della guerra sia fisici che psicologici, il ragazzino infatti racconta che:

“Ho sentito una scossa elettrica nella mano e nello stomaco a causa delle ferite. Ho guardato lo stomaco e ho visto uscire sangue denso, e ho sentito come se i miei intestini fossero usciti dal loro posto. Mio padre è venuto a controllare e vedere cosa mi fosse successo. Ha visto la ferita allo stomaco e ha visto come i miei intestini fossero tutti fuori, quindi mi ha immediatamente preso in braccio, ma il quadrirotore ( elicottero militare dotato di quattro rotori) ha sparato altri tre proiettili che hanno colpito mio padre alla mano, buttandoci entrambi a terra. Abbiamo cercato di strisciare, ma il quadrirotore ci ha sparato di nuovo, colpendomi con due proiettili al piede sinistro, uno alla schiena e un altro al polso sinistro. Se fossimo rimasti così, saremmo morti. Mio padre e io non avevamo altra scelta che correre il più velocemente possibile, quindi siamo corsi in diverse direzioni, a destra e a sinistra, per non essere colpiti [di nuovo]. Ho corso per 300 metri fino a raggiungere l’ospedale battista Al-Ahli. Una volta entrato nell’ospedale, un’esplosione ha sconvolto l’area esterna e ho scoperto che un proiettile di carro armato aveva colpito proprio di fronte all’ingresso dell’ospedale”.

Queste testimonianze raccolte dalla DCPI confermano come i militari israeliani non colpiscano i civili solo una volta ma li inseguano fino a cercare di indurre loro la morte, trasformandoli in veri e propri bersagli.

Il giovane Ziad ricevette le cure necessarie presso l’ospedale Al-Ahli ma lui e il padre furono costretti a scappare velocemente a causa degli attacchi sistematici contro la struttura ospedaliera, dovettero nuovamente cercare cure e rifugio in altri due ospedali sino a quando venne operato

nell’ospedale Indonesiano, a causa di feci che fuoriuscivano da una ferita sulla schiena.

Dopo 3 giorni Ziad e suo padre furono costretti a scappare nuovamente a causa delle incursioni dell’ IDF rifugiandosi presso un amico di famiglia. Ziad venne poi nuovamente ricoverato nell’ospedale Europeo dal 23 novembre 2023 al 23 gennaio 2024, inserito finalmente in una lista di evacuazione per ricevere cure in Egitto riuscì ad evacuare, completamente solo.

Il giovane Ziad racconta che Israele non diede il permesso ai suoi genitori di poterlo accompagnare, così venne chiesto ad una zia di stargli accanto durante il viaggio e la permanenza in Egitto ma:

“Avevo una zia che viveva ad Al-Bureij e un’altra ad Al-Nuseirat. Mia zia ad Al-Bureij è fuggita a casa di mia zia ad Al-Nuseirat, ma le forze israeliane hanno bombardato la casa e le hanno uccise entrambe, insieme ai loro figli e mariti. Non avevo più nessuno che mi accompagnasse nei viaggi all’estero, quindi sono andato in Egitto da solo”.

Il presidente della DCPI spiega quanto sia complessa la strada che i civili devono seguire per poter ricevere cure all’estero, destreggiandosi in cavilli assurdi a causa del potere che la comunità occidentale ha offerto a Israele, rendendo sempre più precaria la loro salute, delegittimando il diritto internazionale e rendendo impossibile il lavoro dei medici che attendono i pazienti oltre confine per dare loro cure:

“ Per far sì che i pazienti palestinesi possano evacuare Gaza, devono destreggiarsi in una complessa rete di permessi e segnalazioni. Medici e organizzazioni umanitarie raccomandano i pazienti al Ministero della Salute palestinese, che inoltra la segnalazione all’Organizzazione Mondiale della Sanità, che la invia al COGAT (Coordinatore delle Attività Governative nei Territori) per l’approvazione finale. Il COGAT è un ramo dell’esercito israeliano che spesso rifiuta i permessi in modo arbitrario, di solito citando problemi di sicurezza. Il COGAT sta attualmente approvando lo screening di sicurezza per meno dell’uno percento dei pazienti presentati, il che significa che non possono viaggiare.”

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